Doku Umarov |
Doku Umarov, leader dei separatisti ceceni e capo dell’Emirato del Caucaso, “è diventato un martire”. Ovvero, traducendo, è morto. La notizia era stata lanciata ieri daKavkaz Center, il sito principale dei militanti islamisti della Russia, ed è la prima notizia davvero credibile circa il terrorista. Dato più volte per morto da fonti diverse, infatti, era però sempre sfuggito alla cattiva sorte. Fino a oggi, quando la formula del martirio utilizzata per l’annuncio e la fonte “ufficiale” ne certificano l’attendibilità.
Leader del gruppo armato Emirato del Caucaso, Doku Umarov era ricercato a livello mondiale per terrorismo e figurava tra i most wanted di Russia, USA e altri Paesi. Su di lui pendeva anche una taglia da 5 milioni di dollari. È questa una delle ragioni per cui il fatto ha del clamoroso. Ancora non si conoscono le dinamiche del decesso e nessuno riferisce se la fine di Umarov sia da attribuire a una malattia o a un omicidio.
Nato a Kharsenoi nel 1964, Umarov formò le sue idee più radicali e maturò l’odio nei confronti di Mosca a cavallo delle due guerre cecene (1994-1996 e 1999-2009), dove negli anni crebbe progressivamente come leader della rivolta islamista nel Caucaso del Nord, culminata con la sua autoproclamazione a “Emiro del Caucaso”.
Nella sua storia di combattente, figurano numerose incursioni dei ribelli in territorio russo e aspri scontri in entrambe le guerre contro la Russia, a partire dal 1994. Fu ministro della sicurezza della Cecenia durante la sua breve indipendenza tra il 1996 e il 1999, per poi divenire comandante del “fronte sud-occidentale” delle forze armate ribelli nel 2002. Le forze d’intelligence concordano nel ritenere che, attualmente, sotto il comando di Doku Umarov vi fossero circa 1.000 combattenti.
- Le stragi dell’Emiro del Caucaso da Beslan a Volgograd
Le stesse fonti ritengono che l’Emiro abbia giocato un ruolo-chiave nell’organizzazione di numerosi attentati, come quello nella vicina Repubblica di Inguscezia nel giugno 2004 (dove morirono decine di persone, tra cui il ministro degli interni locale) e l’assalto alla scuola di Beslan nel settembre dello stesso anno, la vergognosa strage dove morirono quasi quattrocento persone, tra cui oltre 180 bambini. A lui sono stati ascritti anche gli ultimi attentati terroristici che hanno preceduto le Olimpiadi Invernali di Sochi (Volgograd e Makhachkala, dove i terroristi hanno colpito duramente tra dicembre e gennaio).
Anche per questo, tra il 2010 e il 2011 era stato inserito nella black list del terrorismo internazionale da Stati Uniti e ONU, e su di lui pendeva la già citata taglia milionaria (vivo o morto). A Mosca e dintorni, inoltre, si era guadagnato il soprannome di “Bin Laden di Russia”.
Dopo aver seminato il terrore nel nord del Caucaso e aver minacciato le Olimpiadi Invernali di Sochi, negli ultimi anni aveva fatto incetta di cariche, a ribadire la leadership indiscussa: presidente della Repubblica secessionista cecena di Ichkeria prima e fondatore dell’Emirato del Caucaso poi.
- Umarov ucciso dai servizi segreti russi?
Secondo l’agenzia stampa russaItar Tass, che ha citato Ramzan Kadyrov, leader paramilitare nonché primo ministro reggente della Cecenia, l’annuncio di oggi dimostra quanto riferito in precedenza dal premier, ossia che Umarov sarebbe morto durante una non meglio specificata “operazione speciale”.
Che dietro al “martirio” di Doku Umarov ci sia o meno lo zampino dell’FSB o dell’SVR, i servizi segreti che operano rispettivamente all’interno e al di fuori della Russia, non è dato sapere al momento. Ma certamente, per Vladimir Putin questa è un’ottima notizia. Il presidente russo, infatti, che al momento è molto attivo nella difesa del proprio Paese (per usare un eufemismo), aveva promesso a se stesso e alla Russia di “risolvere” una volta per tutte la questione del terrorismo ceceno, non appena fossero terminati i Giochi di Sochi.
Sono allora la cronaca delle Olimpiadi invernali russe - dove è stata pienamente garantita la sicurezza ed è stata sventata ogni azione criminale - e la successiva notizia della scomparsa del più temuto nemico di Mosca, a certificare che il dossier ceceno è stato ripreso in mano e a dimostrare quanto l’impegno del Cremlino in tal senso sia serio. Anzi, a giudicare dalle ben note vicende che accadono intorno ad altri confini (quelli dell’Ucraina, tanto per capirsi) quell’impegno è anche troppo serio. Ma forse il termine più adatto è “aggressivo”. Sembra quasi che per Vladimir Putin sia ormai giunto il momento del “redde rationem”. Di quale “rationem” si parli, però, solo il presidente russo lo sa.
Font: di Luciano Tirinnanzi per Lookout News
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